La Storia

Come nasce la gara

STORIA

Cinquant’anni di storia, cinquant’anni di passione e forte impegno, di incredibili difficoltà da superare per gli organizzatori e le “cantine”, protagonisti in assoluto di quello che oggi è un mito, la Coppa Barontini. Una manifestazione che da sempre possiede un fascino unico, specialmente di notte, quando la folla e le luci, i palazzi che si specchiano nelle acque illuminate, creando un’atmosfera trascendente acque il desiderio di ricordare e onorare la vita e le imprese di Ilio “Dario” Barontini, compagno comunista che aveva combattuto in tutto il mondo contro le dittature.L’idea di ricordare e onorare la memoria di questo moderno combattente risorgimentale, organizzando una gara remiera, ormai lo sanno tutti, ma è bene ribadirlo, nacque fra le mura della sezione Pci “San Marco Pontino”, guidata dal segretario Renato Tedeschi. Una sezione che con quella di Shanghai, era il più popolare centro di vita politica e associativa della nostra città. Anche sull’insistenza di Bruno Tani, l’indimenticabile “Musata” che dalla sua bottega di barbiere (quanti barbieri nella storia del Pci livornese!), dominava l’intero quartiere e sapeva vita, morte e miracoli di ognuno dei “pontinesi

MUSATA

Fu “Musata” a seppellire di parole il suo segretario che alla fine acconsentì e si mise in moto. Pensarono ad una gara a cronometro di gozzi e gozzette, forse non si rendevano ancora conto della magia che sarebbe nata da questa idea, una magia che avrebbe unito una manifestazione moderna alle più antiche tradizioni della nostra città e avrebbe richiamato spettatori a decine di migliaia, fino alla cinquantesima edizione di quest’anno e, sicuramente, anche oltre, almeno fino a quando rimarrà viva la passione che unì alle cantine tutte, uomini come “Musata”, Renato Tedeschi, Mauro Nocchi e presidenti come Marzino Macchi, Gino Corradi, Gino Calderini, Vittorio Cioni e l’attuale presidente Massimiliano Talini. Da non dimenticare il gruppo dei volontari, guidati da Mauro Raugi, detto il “Cinese” o collaboratori come Luciano De Majo e Mauro Nocchi che, con ammirabile abnegazione, hanno impegnato i loro anni nella macchina organizzativa di questa splendida manifestazione.

Perchè è intitolata a Barontini

Ilio Barontini, il cui nome di battaglia era Dario, non fu nè un vogatore nè uno sportivo praticante ma uno di quegli uomini che fecero la storia del movimento operaio e democratico, non solo della nostra città ma in tutto il paese. A Livorno fu segretario della Federazione del Partito Comunista Italiano, prima e dopo il ventennio fascista, consigliere comunale prima dell’avvento fascista e dopo la liberazione, e, soprattutto, membro dell’Assemblea Costituente che emanò la Costituzione Repubblicana e Senatore della Repubblica fino alla morte, avvenuta tragicamente il 22 gennaio 1951 in un tragico incidente stradale alla periferia di Firenze.<br>Insieme ad Antonio Gramsci, Barontini fu inoltre il principale organizzatore del Congresso di fondazione del P.C.I. del 1921, che ebbe luogo al Teatro San Marco di Livorno.<br>Figura popolare, prestigiosa e rispettata da amici e avversari, Ilio, che era un ferroviere, rappresentò al meglio il carattere dei comunisti livornesi in quel periodo storico: spirito critico e battagliero, anticonformismo, determinazione, coraggio.Durante l’esilio a cui fu costretto dalle persecuzioni fasciste, Ilio Barontini fece anche parte del movimento antifascista francese.<br>Combattè inoltre in Spagna con Luigi Longo e Giuseppe Di Vittorio a difesa della Repubblica, infliggendo ai fascisti una bruciante sconfitta a Guadalajara alla testa delle Brigate Internazionali.<br>Fondò e diresse nel centronord d’Italia i Gruppi di Azione Patriottica (i G.A.P.) e marciò alla testa dei suoi partigiani alla liberazione di Bologna che lo insignì della cittadinanza onoraria. Sfilò con Longo, Cadorna, Parri e Mattei alla testa del corteo che a Milano, che sancì la vittoria della guerra di liberazione nazionale e fu insignito dal generale Alexander, comandante della 5ªArmata, con la <em>Bronz Star</em> al termine della Seconda Guerra Mondiale.<br>Una figura leggendaria, quindi, che onora Livorno. Ecco perchè dedicare a lui la più spettacolare gara remiera livornese spinge l’evento ben oltre i confini del pur importante fatto sportivo.

La coppa negli anni

La Coppa Barontini irruppe quindi nel panorama remiero livornese con grande veemenza. La novità di una gara remiera a cronometro fece infatti centro al primo colpo, attirando lungo il percorso oltre trentamila persone. Il fato volle metterci lo zampino, il sorteggio per stabilire l’ordine di partenza stabilì che primo a partire fosse il Pontino San Marco, il rione di casa, già vincitore del Palio Marinaro di quattro domeniche prima. Il dieci giallorosso, formato da Bitossi, Sonetti, Lonzi, Baldi, Mancini, Corradino, Mattei, Luschi, Mataresi, Sansoni e ”Ghighe” Langella come timoniere, si impose con decisione e fu l’unico a terminare la gara scendendo sotto i 16 minuti. Il suo 15′ 54” 4 bastò per festeggiare la vittoria. Dopo il Pontino partirono nell’ordine Centro Mercato, Borgo cappuccini, Colline, Shangay, Ardenza, Venezia e San Jacopo. I biancoazzurri del Colline ebbero un incidente in partenza, rompendo uno dei dieci remi. Ma anzichè arrendersi, andarono avanti in nove fino alla conclusione. Anche il San Jacopo incappò in un inconveniente: rotto lo scalmo del primo remo, l’armo biancoverde procedette a zig-zag fino all’arrivo, rimediando l’ultima posizione. L’unico a competere fu l’equipaggio del Borgo, distaccato comunque di quasi 9”.Nel 1983, quando ormai la gara era già entrata nel cuore dei livornesi, il Comitato Organizzatore decise, per spettacolarizzare l’evento e renderlo più fruibile durante la calda estate livornese, di far disputare per la prima volta la Coppa Barontini in notturna. L’esperimento, grazie all’impianto di illuminazione messo a disposizione della Compagnia Lavoratori Portuali, riuscì talmente bene che da allora la gara si disputa sempre dopo il tramonto. Gli spettatori di quella edizione, in cui vinse l’armo del Venezia, assieparono a migliaia le spallette lungo il percorso dei fossi.anguille e ghiozzi. Oggi, grazie al successo di pubblico che registra ogni anno e grazie alla passione dei suoi organizzatori, nei cui cuori sono ancora vivi i valori a cui si sono ispirati i suoi fondatori, la Coppa Barontini è sopravvissuta sia allo scioglimento del vecchio Pci che alla crisi economica che attanaglia Livorno e il suo porto ed è ormai diventata a tutti gli effetti un patrimonio storico e culturale di tutta città.

L’intuizione

Gli organizzatori della Coppa Barontini, forse all’inizio, non si resero conto di quanto fosse indovinata e fortunata, la scelta di una gara a cronometro nel cosiddetto Pentagono del Buontalenti. Avevano scelto una cornice magnifica che avrebbe caricato di magia l’intero percorso di quel nucleo di Livorno che ancora oggi toglie il fiato a chi, su qualsiasi battello, ne visita l’intero perimetro, specialmente in certe notti di stelle e luna piena. Sulla bellezza di quella rete di “vie d’acqua”, dove transitavano lentamente maestosi i navicelli, quei neri barconi coperti di pece che trasportavano le merci preziose che avevano reso grande il nostro porto, oggi ci sono barche e yacht di ogni stile e grandezza, portatori di notevole inquinamento che rende sempre più torbido il colore delle acque dei nostri “fossi” laddove una vita fa i nostri padri e qualcuno di noi si tuffavano felici e riuscivano anche a pescare pesci prelibati, Nel tracciato della Coppa Ilio Barontini, gozzi e gozzette percorrono le acque della fortuna di questa città e dopo la partenza dalla Darsena della Fortezza Nuova, imboccano la “strettoia” e penetrano nello scenario della nostra “città sull’acqua”, transitando sotto i ponti, suoperano la chiesa di Santa Caterina, i “Domeni’ani” come la chiamano i livornesi, e poi il Palazzo del Refugio, Palazzo Rosciano e sulla sinistra lo scorcio del fosso dove sorge Palazzo Finocchietti, raggiungono Il ponte di Santa Trinita, costeggiano la maestosa Fortezza Vecchia, s’infilano sotto il ponte dell’Arsenale, quindi il Ponte Novo e imboccano il Fosso Reale dove, transitando davanti al maestoso Palazzo Maurogorgato e agli altri palazzi ottocenteschi, spesso s’incontrano correnti sotterranee che donano la vittoria o la sconfitta. Sorpassato il verde di Piazza Manin e il ponte di piazza Cavour, le ciurme, o come vuole la lingua italiana, gli equipaggi costeggiano lo splendore del Mercato Centrale e delle scuole Benci, sorpassano il ponte di Modigliani (laddove furono trovate le false teste di del grande pittore), quindi l’entrata sotto il “Ponte buio”, sottostante il “Vortone” (piazza della Repubblica), per aprirsi alla gloria della Darsena di Fortezza Nuova, dove gli equipaggi si impegnano nell’ultimo serrate prima del traguardo posto davanti alla cantina del “Pontino San Marco”, laddove vengono salutati da una folla straripante accalcata in ogni angolo dello splendido anfiteatro.